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RECENSIONI


TITANIC,
una fiaba del vecchio millennio

 
di e con
Alberto Astorri
e Paola Tintinelli


I punti di avvio di questo nostro lavoro sono stati il poema di H.M. Enzensberger sulla fine del Titanic,

uno straordinario testo di naufragi che parla di un mondo disperato e senza futuro e i versi del veggente Arthur Rimbaud ,

un padre della modernità, che nella Saison en Enfer, tenta un bilancio personale ma vede anche il fallimento di una intera civiltà quella nostra d’Europa.

Ci siamo immaginati, come si inventa una fiaba appunto,

di raccogliere i resti di uno spiaggiamento e di una deriva e di portarli a bordo di una nave animata da un capitano e da un mozzo.

Infatti la scena è un bateau ivre della fine, c’è un albero maestro caduto, la stanza del capitano e del mozzo, il ponte di prua con in cima un timone,

una porta, vele, cime e cordame a vista, un oblò. La scena nel suo apparente scompiglio cita con cura la sagoma di una nave

in cui una serie di pupazzi malconci e amputati vengono ripescati come naufragati interpellati dal capitano e curati dal mozzo.

Ma questa rianimazione ha davvero un senso? Stanno lì non si sa se ad aspettare una fine oppure una rinascita.

Siamo già tutti affondati nel programma della giornata della fine ma cerchiamo di rivitalizzarci tra un documentario pomeridiano,  un ultima cena, souvenirs e intervalli ricreativi.

C’è un giradischi che fa da colonna sonora e una radio da cui il capitano impartisce ordini, descrive paesaggi e richieste di soccorso.

Come in una favola appunto si aggirano tra i passeggeri strane creature, un vecchio inquieto senza pace, forse testimone di un orrore che ha visto,

un cameriere divertente e crudele, un vecchio comico da avanspettacolo, una venere del duemila.

Con noi il mondo, soprattutto quello dell’ultimo secolo, giunge con le sue voci e le sue cronache di conquiste e di disfatte  che si avvicendano senza sosta come una ruota della fortuna, un gioco della andata in alto e calata in basso e anche la scrittura di scena, si muove tra partenze entusiasmanti e cadute.

Siamo attori e anche tecnici dei nostri spettacoli. Siamo noi stessi a mettere le musiche e ad accendere o spegnere le luci di scena.

LETTERA AGLI SPETTATORI di TITANIC
 
 Che bello stupirsi.

Lo stupore è che accade qualcosa di inaspettato.

Vuoi andare al mare e ti ritrovi in montagna magari con la maschera da sub…

In quel momento rinasce l’uomo, nello spaesamento.


Nell’essere pronti ad accettare qualcosa che non si sa cosa sarà..

In questo teatro dove tutti sanno tutto di tutti, noi non sappiamo neanche presentarci.

Non ci saranno infatti conferme qua per voi , solo un titolo che è un programma : TITANIC


e puoi immaginare cha abbia a che fare con qualcosa di grande che sia andato sotto.

Non ci sarà nemmeno una trama da seguire, o forse sì. Sarete voi gli artefici di questo viaggio.

Se deciderete di salire a bordo lasciate libero il vostro cuore, che sia lui a straparlare,


liberate il vostro anarchico pensiero, che sia lui a guidarvi e se riconoscerete citazioni


dimenticatevene subito dopo perché non stanno lì per riportarvi altrove.

Abbiate paura dei vuoti, perché anche noi ne abbiamo.

Ecco ora il nostro lavoro. Guardatelo.

Nessuno meglio di voi poteva essere al vostro posto.